Il Tecnico mi chiama sorridendo da una terrazza ventosa e verde che abbraccia tutta Tel Aviv e mi parla di politica internazionale con entusiasmo e leggerezza.
Mi racconta di Gerusalemme, della sua bellezza magica, delle contraddizioni che la plasmano, dei colori, dell'amico trasformato davanti al muro, in dialogo con Dio.
Poi parliamo di grammatica e di verbi.
La lingua di un popolo racconta molto della sua storia e così scopro, senza meravigliarmene troppo, che l'ebraico moderno non concepisce una vera e propria costruzione verbale al futuro.
Ridiamo dei dromedari e del loro carattere che, perfettamente, si adatta alla filosofia di vita dei beduini.
La storia passa lontana, li sfiora, a volte, come un parassita, li disturba e tenta di pungerli, ma basta una scrollata, una rotolata nella sabbia, e si può riprendere la strada. Lentamente, con ritmi secolari, perchè qui non c'è fretta, non ci sono ore ma giorni e stagioni. Tempo di acqua e tempo di sete.
A Gerusalemme distribuiscono le maschere anti-gas e il Tecnico impara dai dromedari, macina strada, osserva e sputa( metaforicamente) sulla storia contemporanea.
Lo Scettico, immerso nella storia, tiene d'occhio lo spazio aereo.